E’ difficile descrivere a parole un’esperienza come quella vissuta durante il campus solidale della Fondazione Francesca Rava in Haiti, anche perché ho paura di banalizzare e sminuire ciò che ho visto e provato nelle due settimane di Campus, ma ci proverò.
Iniziando da dati oggettivi, bisogna sottolineare che Haiti non è solo la regione geografica che tutti conoscono perché 8 anni fa c’è stato il terremoto: Haiti, purtroppo, è una realtà di estrema povertà e indigenza che esiste e che viene ignorata ogni giorno.
Io, in primis, fino a poco tempo fa ignoravo la situazione di totale miseria di questo Paese, e infatti quando pensavo alla povertà la mia mente mi riportava subito l’immagine dell’Africa, mai quella di Haiti. Proprio per questo motivo ritengo importante far sapere che Haiti, seppur l’immaginario comune ci porta a pensarla come l’isola tropicale dei sogni, in realtà altro non è che una realtà di miseria in cui l’80% della popolazione vive sotto la soglia della povertà (cosa assurda se si pensa che Haiti si trova a sole 2 ore di distanza da Miami).
Per quanto riguarda le sensazioni soggettive posso dire che mai un posto mi aveva trasmesso tante emozioni e credo sia perché Haiti è troppe cose contemporaneamente: rabbia, amore, vita, morte, speranza, disperazione e altre mille emozioni che ancora non riesco, e che forse mai riuscirò a capire ed identificare.
Le persone ad Haiti sono dotate di una profondità d’animo e di un amore che per noi che viviamo in una situazione privilegiata è difficile da comprendere: quando non hai niente l’unica ricchezza che puoi avere è quella emotiva.
Questa mia sensazione l’ho potuta provare tutti i giorni ad Haiti in tutte le attività che svolgevamo:
⁃ Lavori con Padre Rick: generalmente attività più fisiche ma che comunque richiedono collaborazione e coinvolgimento dei partecipanti tra i quali si crea un rapporto di complicità e divertimento dato dallo svolgimento in comune di una stessa attività (per me che non sapevo né francese nè il creolo la lingua non è stata per niente una barriera)
⁃ Aiuto in ospedale: in questo contesto sono riuscita a percepire quanto ad Haiti ci sia un legame molto più stretto con la vita, dato probabilmente dal loro rapporto più frequente con la morte. Quando sono andata ad aiutare i bambini all’ospedale St Damien l’atmosfera era totalmente diversa da quella che mi sarei aspettata: i bambini ricoverati e i loro genitori ti accolgono, ti permettono di comunicare e giocare con loro. I bambini, seppur nel dolore, riescono a sorridere e sopratutto, cosa che mi ha colpito particolarmente, riescono a farti sorridere.
⁃ Baby House Ste Anne e Kenscoff: questi sono i due posti dove io ho lasciato un pezzo di cuore. In entrambi le Case NPH sei a contatto unicamente con i bambini haitiani (nella Baby House si trovano bambini dagli 0 ai 5 anni, mentre a Kenscoff ci sono bambini dai 6 anni in su). I bambini Haitiani riescono a regalarti un amore infinito che è direttamente proporzionale all’amore che sognano di ottenere da noi (e che io di sicuro ho provato a trasmettergli).
- Chiara, 21 anni, partecipante al Campus in Haiti